Riassunto del manuale ” Diritto Fallimentare ” di Lino Guglielmucci
edizione VIII
L’esigenza di regolazione della crisi dell’impresa
Le procedure concorsuali sono strumenti di regolazione della crisi dell’impresa.
La crisi dell’impresa è ordinariamente legata ad una perdita di capacità reddituale: Tuttavia, anche quando si viene a determinare una situazione di squilibrio non momentaneo fra costi e ricavi, l’imprenditore può essere egualmente in grado di far fronte alle proprie obbligazioni: con il ricorso, ad esempio, a risorse extra aziendali o – se ad esercitare l’impresa sia una società reperendo i necessari mezzi finanziari con apporti dei soci od operazioni di aumento di capitale: Non vi è la necessità di regolare la crisi in procedura concorsuale.
Questa necessità insorge, invece, quando la crisi esplode all’ esterno, sfociando in una carenza dei mezzi necessari a far fronte alle obbligazioni, cioè in uno stato di insolvenza. La prosecuzione incontrollata dell’attività da parte dell’imprenditore si ripercuote su coloro che hanno instaurato o possono instaurare rapporti con lui determinando un aggravamento del dissesto con un crescente coinvolgimento di altri soggetti.
Perciò al debitore può essere imposta la regolazione della crisi – ad iniziativa dei creditori oppure, nel nostro ordinamento, anche ad iniziativa pubblica – attraverso una procedura concorsuale liquidativa, ferma restando la possibilità per il debitore di prevenirla attraverso un accordo con i creditori.
Prima di sfociare nell’ insolvenza vera e propria la crisi si estrinseca però in un rischio di insolvenza, situazione nella quale si trova l’imprenditore quando, pur essendo in grado di adempiere le obbligazioni scadute, è prevedibile che non sarà in grado di adempiere le obbligazioni di prossima scadenza.
La denuncia tempestiva della crisi può favorirne una migliore regolazione, ma questa regolazione preventiva non può essere imposta al debitore, che vi si può soltanto sottoporre spontaneamente. Un accordo con i creditori può quindi essere ricercato anche quando non sussistono ancora i presupposti per l’apertura della procedura concorsuale.
I percorsi per la regolazione della crisi
Le alternative per la regolazione della crisi sono sostanzialmente due: l’accordo con i creditori o una procedura che può essere imposta al debitore dai creditori o ad iniziativa pubblica.
Quando la crisi investe imprese di dimensioni significative, solitamente articolati in “gruppi”, l’accordo con i creditori viene spesso ricercato stragiudizialmente.
La preferenza per la soluzione privatistica è legata da un lato agli elevati costi del ricorso alla via pubblica e alla maggior perdita di credibilità dell’impresa, dall’altro e soprattutto, alla maggiore snellezza di un iter affidato esclusivamente all’ imprenditore ed ai suoi naturali interlocutori.
Tuttavia essendo la regolazione completamente rimessa all’ autonomia privata e quindi vincolante unicamente per i creditori che vi aderiscono a) vi è la necessità di una massiccia adesione di creditori, assai superiore a quella richiesta in caso di ricorso alla via pubblica; b) la mancanza di una struttura pubblica di controllo e la correlativa mancanza di protezione contro iniziative individuali (costituzione di ipoteche giudiziali ) impone di fronteggiare le azioni dei free riders, per lo più reperendo con immediatezza le risorse per il loro soddisfacimento integrale.
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All’ esigenza di favorire le composizioni stragiudiziali risponde ora la previsione dell’esenzione da revocatoria di atti, pagamenti e garanzie concesse sui beni del debitore in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria, la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili…
Imprenditore e impresa nella regolazione della crisi
A questo punto occorre chiedersi qual è la sorte dell’imprenditore. In proposito va tenuta distinta la nozione di imprenditore in senso giuridico formale e di imprenditore in senso economico.
Al di là del caso, del tutto marginale, dell’impresa individuale, la qualifica di imprenditore in senso giuridico-formale spetta alla società in nome della quale vengono compiuti gli atti di impresa.
Ma in senso economico imprenditore è il “socio di riferimento” o il “gruppo di soci” che controlla la società e ne influenza gli indirizzi o, ancora, nelle società di modeste dimensioni, anche l’intera compagine sociale.
La regolazione della crisi si attua, quindi, spesso con l’espulsione dal mercato dell’imprenditore anche quando dal mercato conviene espulsa l’impresa.
Fenomeno speculare è quello che viene denominato della “sindrome della Fenice” quello cioè del risorgere dalle sue ceneri del vecchio imprenditore ( in senso economico); fenomeno che si verifica quando la società che assume un concordato o che acquista l’azienda o rami d’azienda nella liquidazione fallimentare, è costituita, in tutto o in parte, dai vecchi soci.
La regolazione della crisi si attua, in tal caso, non con l’espulsione dell’imprenditore dal mercato, ma con l’espulsione dall’ impresa dei debiti.
Il soddisfacimento dei creditori il ruolo del giudici ed il declino della par condicio
Secondo alcuni il fallimento e le altre procedure concorsuali sono diretti ad assicurare il soddisfacimento dei creditori e per soddisfacimento si intende tradizionalmente un pagamento almeno parziale. In realtà la funzione delle procedure concorsuali è essenzialmente quella di regolare la crisi dell’impresa e questa regolazione passa anche attraverso il riconoscimento ai creditori di un qualche soddisfacimento.
La soluzione tradizionale dell’attribuzione ai creditori, secondo le regole della cosiddetta par condicio, di una somma di denaro correlata al ricavato della liquidazione del patrimonio del debitore o nella misura dell’offerta fatta nell’ ambito di un accordo concordatario è però in parte superata.
Nelle soluzioni concordatarie, giudiziali e pure in quelle inserite in un procedimento di amministrazione straordinaria è dato di proporre ai creditori forme di soddisfacimento fra le più varie: dalla cessione di beni alla attribuzione di azioni, quote,obbligazioni.
Certo la disponibilità dei creditori ad accettare anche proposte di soddisfacimento che, sono in realtà soltanto aspettative di soddisfacimento, è spesso influenzata dalla preoccupazione ingenerata dal timore o dalla consapevolezza dell’assenza di valide alternative.
Si è scelto di riservare ai creditori soltanto la valutazione dei propri interessi, senza che il tribunale possa sovrapporre d’ufficio una propria valutazione a quella espressa dalla maggioranza.
Il ruolo del giudice si sta, dunque, riducendo a quello di garante della legalità.
Queste sono alcune delle 84 pagine che compongono il riassunto del manuale ” Diritto Fallimentare ” di Guglielmucci.
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